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Ottimizzazione dei portafogli del mondo reale con Bitcoin

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Nel 2020 abbiamo pubblicato un articolo fondamentale intitolato A Little Bitcoin Goes a Long Way, per discutere del ruolo di Bitcoin nell’incremento dei rendimenti ponderati al rischio nei portafogli 60/40 di azioni/obbligazioni. Da allora ci è sembrato sempre più chiaro che il paradigma tradizionale 60/40 fosse ormai superato. In questo articolo scopriremo il perché esaminando nuovi approcci agli investimenti multi-asset e dimostrando in che modo Bitcoin può continuare a diversificare e migliorare i rendimenti ponderati al rischio. Le nostre ricerche parlano chiaro: molti dei portafogli più conosciuti, come lo Yale Endowment, avrebbero un indice di Sharpe nettamente maggiore con una piccola e semplice allocazione in Bitcoin.

Il portafoglio 60/40 è obsoleto

Per decenni, molti intermediari di borsa e pianificatori finanziari hanno fatto affidamento sul portafoglio 60/40, composto per il 60% da azioni per l’accrescimento del capitale, e per il 40% da obbligazioni e altri titoli a reddito fisso per il rendimento, l’attenuazione del rischio e la diversificazione. Questo approccio bilanciato ha ottenuto ottimi risultati nel corso degli anni ‘80 e ‘90. Dopo la crisi finanziaria mondiale, il semplice mix fra il 60% di azioni statunitensi a grande capitalizzazione e il 40% di obbligazioni investment grade ha continuato a soddisfare le attese degli investitori grazie all’impennata dei prezzi delle azioni e al crollo dei tassi di interesse.

Tuttavia, dopo aver assistito a una serie di mercati improntati al ribasso e tassi di interesse al minimo storico, l’appeal di questa strategia ha iniziato a vacillare. Nel 2022 il portafoglio 60/40 viveva il suo annus horribilis, con entrambe le classi di asset sotto forte pressione. L’elevata correlazione positiva fra azioni e obbligazioni, che ha sfiorato punte del 42%, vanificava i benefici della diversificazione portando a uno scarso rendimento del portafoglio rispetto agli investimenti caratterizzati da allocazioni più dinamiche. L’innalzamento dei tassi di interesse ha fatto salire ulteriormente la volatilità, spingendo molti a mettere in discussione l’efficacia del portafoglio tradizionale 60/40.

Il grafico evidenzia il cambio di direzione della correlazione precedentemente inversa fra azioni e obbligazioni. I dati raccolti dall’inizio del XXI secolo mostrano un indice di Sharpe del portafoglio 60/40 quasi sempre positivo. Almeno fino al 2022, che ha segnato l’inizio di un trend negativo che dura da tre anni consecutivi. Contestualmente alla riduzione dell’indice di Sharpe, la correlazione fra le due classi di asset è diventata positiva nel 2022 per la prima volta da inizio secolo, e ancora oggi è elevata.

L’alta correlazione può essere spiegata mediante una serie di fenomeni.

  • L’aumento dell’inflazione ha danneggiato i prezzi delle obbligazioni erodendo i rendimenti degli interessi fissi, e avuto ripercussioni negative sulle azioni riducendo la disponibilità di spesa dei consumatori e aumentando i costi diretti di produzione. 

  • Le iniezioni di liquidità sui mercati generate dal Quantitative Easing e da altre politiche monetarie non convenzionali hanno portato a un innalzamento sia dei prezzi delle obbligazioni che delle azioni.

  • La proliferazione delle strategie di investimento e dei prodotti finanziari che collegano le azioni con le obbligazioni, come ad esempio i fondi bilanciati e i fondi pensione con asset misti in portafoglio, ha contribuito a creare correlazioni maggiori. Questi fondi possono vendere o acquistare contemporaneamente entrambe le tipologie di asset, andando a influire sui prezzi in modo analogo.

AQR di recente ha pubblicato un libro bianco che spiega con chiarezza, da un punto di vista quantitativo, alcune delle ragioni alla base di questa elevata correlazione, sottolineando come dipenda non dal livello di inflazione, quanto piuttosto dalla relativa volatilità della crescita e dell’inflazione e dalla loro correlazione. Questo modello spiega empiricamente circa il 70% della variazione a lungo termine della correlazione fra azioni e obbligazioni statunitensi.

Considerando i 12 anni di esperimento con il QE e il parziale cambio di rotta con il Quantitative Tightening, è probabile che la volatilità della crescita e dell’inflazione rimanga elevata. Di conseguenza il portafoglio 60/40 non sarà più una strategia di investimento efficace per l’immediato futuro, ed è pertanto fondamentale che gli operatori finanziari trovino alternative valide.

Quali sono queste alternative?

Molti investment manager hanno già approntato delle risposte e diversificato aggiungendo investimenti alternativi ai loro portafogli 60/40. I più comuni sono le materie prime, in particolare l’oro, ma vengono aggiunti anche hedge fund, fondi immobiliari e fondi di private equity. La scelta di Bitcoin è rimasta un tabù, nonostante offra rendimenti superiori ponderati per il rischio. Nonostante i 16 miliardi di dollari investiti quest’anno negli Stati Uniti in ETF su Bitcoin, secondo i dati che emergono dai report 13F la quota destinata dagli investment manager rimane particolarmente bassa.

Le percentuali più significative sono riservate principalmente ad hedge funds e private equity. Un segnale incoraggiante arriva da qualche allocazione isolata nei grandi fondi pensione, ad indicare come anche i fondi meno di nicchia stiano investendo in Bitcoin. Tuttavia, le allocazioni emerse dai report 13F rappresentano solo il 25% degli investimenti totali, e pertanto speriamo di ricevere informazioni più dettagliate prima della scadenza del 15 luglio. Inoltre, sembrerebbe che gli investitori stiano modificando le proprie strategie di diversificazione. Lo scorso anno, infatti, gli ETP sull’oro hanno registrato fuoriuscite per oltre 20 miliardi di dollari, con un contestuale afflusso di più di 16 miliardi sui Bitcoin, numeri che fanno pensare a una riallocazione da parte di alcuni investitori dall’oro verso il Bitcoin.

Dato ancora più interessante: le allocazioni detenute dai consulenti di investimento, che comprendono una delle categorie maggiori per volume di risparmio gestito, sono estremamente basse, il che fa supporre che gli investitori stiano solo testando il terreno in attesa di aumentare le allocazioni man mano che si rafforza la loro fiducia. Inoltre, banche e fondi pensione non hanno ancora effettuato allocazioni significative. Anche dal nostro recente sondaggio sulla gestione dei fondi sono emersi dati simili.

La prima cosa che salta all’occhio è che l’aggiunta di Bitcoin ha migliorato gli indici di Sharpe, come precedentemente dimostrato nell’articolo A Little Bitcoin Goes a Long Way. In questo studio avevamo riallocato in modo equo azioni e obbligazioni. Per comprendere meglio da quale paniere di investimento attingere per l’allocazione in Bitcoin, abbiamo condotto altre analisi, riallocando esclusivamente dalle azioni e poi dalle obbligazioni. In entrambi gli scenari abbiamo verificato cambiamenti minimi negli indici di Sharpe, con miglioramenti minori (crescita dell’indice di Sharpe da 1,05 a 1,06 con una posizione del 4%) per la riallocazione delle azioni, a causa della loro maggiore volatilità rispetto alle obbligazioni.

Maggiori riallocazioni dalle azioni migliorerebbero ulteriormente gli indici di Sharpe, ma fino a che punto ci possiamo spingere prima che vi siano effetti negativi sui rendimenti ponderati al rischio? Nell’ambito della gestione dei portafogli, la frontiera efficiente rappresenta l’insieme dei portafogli ottimali che massimizzano il rendimento atteso per un determinato livello di rischio o, al contrario, minimizzano il rischio per un determinato livello di rendimento atteso. Rappresentata da una curva su un piano rischio-rendimento, la frontiera è la raffigurazione grafica del compromesso fra rischio e rendimento. La nostra analisi con aggiunta di Bitcoin dimostra che l’impiego dell’approccio della frontiera efficiente suggerisce un’allocazione di Bitcoin estremamente elevata, pari al 72%.

Riteniamo che questo approccio nella determinazione della quota di allocazione migliore risulti poco realistico, soprattutto perché l’abbassamento di valore e la volatilità la farebbero discostare troppo dal portafoglio tradizionale 60/40. Anche i risultati sono piuttosto vaghi, con un potenziale punto di tangenza intorno al 4%. Un’applicazione flessibile degli indici di Sharpe in un portafoglio offre risultati più realistici. Con una ponderazione ottimale del 10%, l’aggiunta di maggiori allocazioni apporterebbe pochi miglioramenti in termini di rendimento ponderato al rischio.

In che modo integrare portafogli realistici con Bitcoin?

Il problema del portafoglio 60/40 è che non riflette il mondo reale. Non diversificando e non offrendo rendimenti adeguati rispetto al rischio, ha perso sempre più di rilevanza. Ma quale potrebbe essere l’alternativa?

Essendo improbabile che esista un portafoglio tipico, abbiamo modellato 3 noti portafogli focalizzati sulla resilienza durante tutte le fasi del ciclo economico, in modo da capire come utilizzare i Bitcoin come elemento di diversificazione per aumentare il rendimento ponderato al rischio.

Portafoglio All Weather

Il primo che abbiamo esaminato è stato il Portafoglio All Weather, ideato da Ray Dalio e così composto: 30% azioni, 40% obbligazioni a lunga scadenza, 15% obbligazioni a scadenza intermedia, 7,5% materie prime e 7,5% oro. Il Portafoglio All Weather è pensato per far fronte a qualunque contesto economico, grazie all’utilizzo di tipologie di asset diverse che performano in modo diverso nelle varie situazioni. Non a caso a volte viene chiamato anche Portafoglio Quattro Stagioni. Dalio ha selezionato classi di asset che rendessero nelle diverse situazioni di mercato, con l’obiettivo di realizzare una strategia di diversificazione che consentisse una crescita costante e drawdown minimi.

Ritenendo che il Bitcoin dovesse essere integrato in questa tipologia di portafoglio, abbiamo deciso di sostituire la posizione sull’oro con Bitcoin, essendo anch’esso di disponibilità limitata.

Portafoglio Cockroach

Il Portafoglio Cockroach di Dylan Grice è stato ideato per sopportare qualunque condizione economica combinando classi di asset offensivi e difensivi. Il portafoglio ambisce ad essere “adatto a tutte le stagioni”, proprio come l’insetto che ne ha ispirato il nome (lo scarafaggio), in grado di resistere alle condizioni più estreme. Il portafoglio comprende un mix diversificato di asset dal medesimo peso: azioni globali per trarre vantaggio dai cicli di crescita economica, obbligazioni globali per i periodi di deflazione, l’oro come strumento di copertura contro i sell-off e di stabilità durante i periodi di elevata volatilità, e liquidità.

In passato abbiamo scritto delle analogie e delle differenze fra Bitcoin e oro, e della loro capacità di completarsi a vicenda. Abbiamo così riallocato in Bitcoin il 7% dell’oro detenuto, anche se avremmo potuto spingerci oltre visto che l’oro rappresentava il 25% del portafoglio. In ogni caso abbiamo preferito non discostarci troppo dal modello degli altri portafogli che stiamo analizzando.

Yale Endowment

La strategia di investimento Yale Endowment, indissolubilmente legata a David Swensen, è famosa per il suo approccio innovativo verso l’asset allocation e gli orizzonti di investimento a lungo termine. Gli elementi chiave di questa strategia sono i seguenti:

Yale Endowment segue un modello di asset allocation diversificata pensato per ottenere rendimenti elevati e, al contempo, riuscire a gestire il rischio. Il portafoglio comprende le seguenti classi di asset:

  • Absolute return: Investimenti in hedge fund e altre strategie che mirano a ottenere un rendimento positivo indipendentemente dalle condizioni di mercato.

  • Azioni nazionali: investimenti sul mercato azionario statunitense.

  • Azioni estere: investimenti in azioni internazionali, compresi i mercati emergenti.

  • Private equity: investimenti in società private, fondi di capitale di rischio e acquisizioni.

  • Asset immobiliari: investimenti in immobili, materie prime e altri beni materiali.

  • Reddito fisso: investimenti in obbligazioni e altri titoli di debito.

  • Liquidità: asset ad alta liquidità e a breve termine.

La strategia di investimento Yale Endowment si caratterizza per l’attenzione verso la diversificazione, la gestione attiva, l’orizzonte temporale a lungo termine e gli approcci innovativi ad investire in asset illiquidi e alternativi.

I dati di performance e le ponderazioni ad alta frequenza di Yale Endowment sono di difficile reperimento. Pertanto abbiamo cercato di replicarne il rendimento utilizzando un approccio con ribilanciamento trimestrale a ponderazione fissa: 25% strategie absolute return, 19% private equity, 13% azioni statunitensi, 11% azioni globali, 8% azioni di mercati emergenti e 7%, rispettivamente, in materie prime, REIT e obbligazioni globali.

Vista l’assenza dell’oro nel fondo, abbiamo sostituito con Bitcoin la ponderazione del 7% in REIT.

I risultati

Analizzando i dati dal 2017 in poi, il portafoglio standard 60/40 raggiunge un indice di Sharpe pari a 0,48. Aggiungendo una posizione ribilanciata trimestralmente in Bitcoin del 4%, l’indice di Sharpe raddoppia fino a 1,05, mentre la correlazione diminuisce del 5%. La sostituzione di Bitcoin con un paniere di azioni di aziende di mining quotate offre rendimenti simili ma, vista la loro maggiore volatilità, comporta un indice di Sharpe più basso di 0,86.

Aggiungendo Bitcoin nei portafogli Yale Endowment, All Weather e Cockroach otterremo rendimenti annualizzati notevolmente superiori e indici di Sharpe migliori. Ad esempio, l’indice di Sharpe per il portafoglio All Weather migliora passando da 0,33 a 1,38. Questi portafogli, già ben diversificati, con l’aggiunta di Bitcoin beneficerebbero di un’ulteriore riduzione della correlazione pari al 9-15%.

Il lato negativo è un leggero aumento della volatilità del 2-3%, avvicinando questi portafogli all’11% dei modelli standard 60/40. Dal nostro punto di vista, questo aumento di volatilità è accettabile in nome della crescita sostanziale del rendimento annuo, riflessa nei notevoli miglioramenti dell’indice di Sharpe. Dato interessante: per il portafoglio Yale Endowment, il Bitcoin ha contribuito a ridurre i drawdown massimi.

In sintesi, l’aggiunta di Bitcoin ai portafogli reali ha visto una crescita costante dei rendimenti ponderati al rischio, l’ottimizzazione della diversificazione e maggiori rendimenti annui sul medio e lungo termine. Sulla base della nostra analisi, una ponderazione ottimale si colloca fra il 4 e il 10%, a seconda della propensione al rischio. 

A nostro avviso Bitcoin si rivela un asset prezioso per rispondere alle sfide di diversificazione insite nel portafoglio 60/40, ormai obsoleto. Viste le sfide a cui sono chiamati a rispondere gli investment manager nelle attuali situazioni finanziarie, riteniamo che un’analisi approfondita dei benefici delle allocazioni di Bitcoin nella costruzione del portafoglio sia non solo legittima, ma anche auspicabile.