
Dentro La Monnaie de Paris: la zecca più antica tuttora in attività
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- Finanza
Dai blocchi di sale ai satoshi, l’umanità non ha mai smesso di inventare nuove forme di moneta. A Parigi esiste un’istituzione che custodisce questa tradizione: la Monnaie de Paris. È la zecca funzionante più antica al mondo. A dodici secoli dalla sua fondazione continua a coniare monete e medaglie, riflettendo anche sul ruolo dei cripto-asset nella lunga storia dello scambio.
La Monnaie de Paris sorge nel cuore della città, sulla riva sinistra della Senna, di fronte al Museo del Louvre. Situata a Quai de Conti e affacciata sul fiume, questa istituzione sfida lo scorrere del tempo. Fondata nell’864 da Carlo il Calvo, venne trasferita nell’attuale edificio nel XVIII secolo per ospitare un laboratorio di coniazione più vicino al potere centrale rispetto alle zecche sparse nelle campagne del regno.
A distanza di mille anni, la Monnaie de Paris continua a produrre medaglie (comprese quelle per le Olimpiadi del 2024), nonché decorazioni ufficiali, fusioni artistiche e pezzi da collezione. Lo stabilimento di Pessac, nei pressi di Bordeaux, produce monete per la Francia e altri Stati, integrando il lavoro del laboratorio parigino. Questa istituzione ha resistito a tutti i regimi politici – dall’Impero carolingio a quello napoleonico, passando per la monarchia, la Rivoluzione e Vichy – talvolta anche grazie al coraggio dei propri funzionari, che si sono rifiutati di eseguire ordini impartiti dall’alto. Caso emblematico: la zecca non ha mai emesso monete con l’effigie del maresciallo Pétain.
Oggi impiega oltre 450 persone e ha lo status di EPIC (Établissement Public à caractère Industriel et Commercial, o ente pubblico di tipo industriale o commerciale). È l’unico organismo autorizzato a coniare monete, operando in maniera autonoma rispetto alla Banque de France – istituita solo nel 1800 – che invece è responsabile dell’emissione di banconote. Nel 2024 lo Stato francese ha commissionato alla zecca la produzione di 45 milioni di euro di monete, mentre le commesse straniere ammontavano a oltre 41 milioni.
Lo scambio come bisogno universale
“Nel corso della sua storia, l’uomo ha sempre cercato nuovi modi per effettuare scambi”, afferma Dominique Antérion, storico e curatore delle collezioni della Monnaie de Paris. Il suo ruolo è quello di archiviare e proteggere monete di ogni epoca e parte del mondo. Mi mostra uno scettro metallico di una trentina di centimetri, ornato con una mezzaluna, e racconta: “Questo, ad esempio, è moneta solo perché a un certo punto, in qualche parte dell’Africa, qualcuno ha deciso che lo fosse.” Per lui l’essenza del denaro è semplice: “È, innanzitutto, una convenzione: un accordo fra persone che ci consente di misurare un valore prendendo un riferimento comune. L’accordo può essere tacito o imposto per legge.”
Il baratto, per quanto spesso idealizzato, non reggerebbe “su scala collettiva”, aggiunge. “Dovresti sempre trovare qualcuno che possieda esattamente ciò che stai cercando, e che a sua volta desideri ciò che offri tu. Le probabilità sono praticamente pari a zero.”
Il denaro, nei secoli, ha assunto forme diverse: scettri, perline di vetro, piume di struzzo, canne di bambù piene d’olio… Gradualmente hanno cominciato a prevalere le monete di metallo, essendo pratiche e facili da portare con sé: due qualità essenziali per le lunghe traversate in mare. “Non a caso”, spiega ancora Antérion, “ovunque siano state introdotte le monete, le forme di denaro precedenti sono completamente sparite”.
La fiducia al centro di tutto
Ma il denaro non sempre è stato sinonimo di stabilità. Roma lo ha imparato a proprie spese, prima con la svalutazione monetaria durante le guerre puniche e poi con l’indebolimento del denario. Nella Cina del IX secolo, la dinastia Tang ha visto crollare il proprio sistema monetario dopo l’introduzione di banconote senza riserva metallica. In Europa, nel XVI secolo, l’arrivo di oro e argento dal Nuovo Mondo fece schizzare l’inflazione alle stelle. In Germania, invece, nel XX secolo il marco è stato travolto dall’iperinflazione.
“Fides significa fiducia”, sottolinea Antérion, indicandoci un’iscrizione in latino scolpita sull’edificio principale nel cortile della zecca. “Accettare denaro è un atto di fiducia, perché sappiamo che, utilizzandolo, otterremo qualcosa in cambio.” La storia monetaria è costellata da crisi di fiducia, soprattutto dopo la fine del sistema aureo. Ciononostante il denaro continua a occupare un ruolo centrale nelle società, talvolta fungendo anche da mezzo di protesta: al Museo Fitzwilliam di Cambridge, ad esempio, la mostra Defaced! espone monete e banconote utilizzate per veicolare slogan politici. “Il denaro porta con sé messaggi che non sempre coincidono con quelli ufficiali. Danneggiare il denaro è reato: segno evidente di quanto sia potente questo oggetto.”
Una transizione digitale che non sia letale
Il denaro ha svolto anche un ruolo più privato. “C’è chi dona denaro per un compleanno o un matrimonio, o fa incidere monete”, riflette Antérion. “L’importanza del denaro va oltre il suo valore economico: può anche essere donato, come gesto simbolico.” Un legame, osserva, che rischia di scomparire con la progressiva digitalizzazione dei pagamenti e la diffusione di carte e app. Ma la scomparsa del contante, tuttavia, non è ipotizzabile. “La moneta digitale sta guadagnando terreno, proprio come in passato hanno fatto le banconote. Si raggiungerà un equilibrio. Il denaro fisico ha anche un valore educativo: è più semplice insegnare ai bambini con le monete che non con le carte di credito. E naturalmente, a differenza del cellulare, le monete non hanno batterie da ricaricare.”
Questa connessione simbolica non è tanto diversa dall’attaccamento che alcuni provano nei confronti di Bitcoin. Dalla sua creazione nel 2008, ha cominciato a circolare sotto forma di piccoli regali, “faucet” online e dimostrazioni, e in soli 15 anni i suoi sostenitori sono arrivati a considerarlo sia un mezzo di scambio sia una riserva di valore. Ma cosa ne pensa di questa criptovaluta la zecca più antica del mondo?
“Personalmente non vedo i cripto-asset come una forma di denaro”, afferma Antérion senza giri di parole. “Avranno sicuramente un valore, ma mancano delle caratteristiche essenziali delle valute statali, che sono collegate al debito e riflettono la reale ricchezza di un Paese. Le criptovalute sono troppo artificiali: non corrispondono al valore economico reale.”
Un giudizio tranchant, che non impedisce alla Monnaie de Paris di cimentarsi in questa materia. Infatti, ha già sperimentato attraverso le certificazioni su blockchain per l’autenticazione delle monete commemorative dedicate a Gustave Eiffel e alla riapertura di Notre-Dame de Paris. Inoltre, ha commissionato opere NFT all’artista Robert Alice, una delle quali è stata aggiunta alla collezione della banca svizzera Arab Bank Switzerland, e un’altra è andata ad arricchire le collezioni del museo della Monnaie de Paris. “Attraverso questa iniziativa, abbiamo lasciato ai visitatori il compito di giudicare l’importanza di questi asset. La Monnaie mantiene un approccio critico, nel bene o nel male, ma ha deciso di evidenziarne la dimensione artistica nella presentazione. Il tempo dirà chi ha ragione: le valute di Stato o le cripto […] Ma quasi sicuramente, come spesso avviene, coesisteranno le une accanto alle altre.”
È indubbiamente questa capacità di mettere in discussione, adattare e integrare le innovazioni a spiegare la longevità della Monnaie de Paris, e a far pensare che la sua storia sia destinata a durare ancora a lungo.
Panoramica sulla Monnaie de Paris
Fondata nell’864 da Carlo il Calvo, la Monnaie de Paris è la più antica istituzione monetaria ancora attiva, con oltre 1.150 anni di storia.
Ha due sedi: Parigi, per le monete commemorative e le medaglie, e Pessac, nei pressi di Bordeaux, per la valuta circolante.
Non conia solo euro per la Francia, ma anche monete per oltre quaranta valute straniere.
Il punto di vista dell’economista: Clémentine Cazalets
A margine della nostra visita abbiamo incontrato l’economista Clémentine Cazalets della Monnaie de Paris. Commentatrice abituale sui media, è nota per la sua posizione critica nei confronti dei cripto-asset: considera, infatti, Bitcoin e token simili come strumenti speculativi, e le stablecoin potenzialmente rischiose per la stabilità finanziaria. Ha spiegato le proprie posizioni in questa intervista (rivista per maggiore chiarezza):
The Node: Come definirebbe il denaro?
Clémentine Cazalets: La moneta svolge tre funzioni essenziali: è un’unità di conto per misurare ed esprimere un valore, un mezzo di scambio universalmente accettato e una riserva di valore capace di preservare il potere d’acquisto nel tempo. La combinazione di queste tre dimensioni costituisce le fondamenta della moneta.
Perché Bitcoin non ha le stesse funzioni della moneta?
Bitcoin, a dispetto delle sue ambizioni iniziali, non soddisfa questi criteri. L’estrema volatilità non gli permette di essere una riserva di valore affidabile. Come mezzo di scambio è poco utilizzato, poiché solo pochi servizi o prodotti vengono effettivamente venduti o acquistati in Bitcoin. Mentre come unità di conto, non viene praticamente mai usato: nessuno, infatti, esprime gli stipendi o gli affitti in Bitcoin. In pratica è soprattutto un asset speculativo, e non una forma di denaro stabile e universale.
La volatilità non riguarda anche monete tradizionali come l’euro e il dollaro?
Certamente, anche le valute fiat possono subire delle fluttuazioni, ma non della stessa entità delle cripto. Una variazione del 7% fra euro e dollaro è poca cosa rispetto all’estrema volatilità degli asset digitali. Ai cittadini sta a cuore il potere di acquisto della loro valuta, non i tassi di cambio giornalieri. Nelle economie più forti, le banche centrali indipendenti tutelano la stabilità contenendo l’inflazione. Le variazioni momentanee esistono, ma non minano il ruolo fondamentale della moneta.
E le stablecoin?
Le stablecoin rappresentano un’importante innovazione: hanno ridotto i costi e velocizzato le transazioni, fungendo da ponte fra finanza tradizionale e criptovalute. Ciononostante comportano rischi sistemici: molte sono emesse da istituzioni private, a volte senza garanzie solide o piena trasparenza. Un’eccessiva dipendenza dalle stablecoin potrebbe rappresentare una minaccia per la stabilità, se non accompagnata da un solido quadro normativo. Per questo le autorità, e in particolare la BCE, promuovono l’euro digitale: una soluzione pubblica, regolamentata e sovrana che offra i benefici della moneta digitale senza dipendere dalle emittenti private.
Come prevede il futuro dei pagamenti e il ruolo del contante?
I pagamenti elettronici hanno preso piede grazie alla loro rapidità e praticità. Ma il contante ha ancora dei vantaggi unici: garantisce privacy, funziona anche durante le interruzioni di rete e gli attacchi informatici, e detiene un valore simbolico nella vita quotidiana (regali, festeggiamenti, pianificazione delle spese). Inoltre rappresenta la sovranità monetaria, a differenza dei pagamenti digitali dominati da Visa e Mastercard. Nonostante nella quotidianità venga utilizzato meno, il contante continuerà a rappresentare un pilastro di fiducia e resilienza.

