L’imminente approdo delle stablecoin nel sistema finanziario occidentale
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- Finanza
La recente acquisizione da 1,1 miliardi di dollari da parte di Stripe ha tutte le caratteristiche per segnare un evento decisivo nella relazione fra asset digitali e sistemi finanziari occidentali. Dopo l’umiliazione nel mondo delle criptovalute inflitta da FTX, il clamoroso fallimento della banca Silvergate e lo scetticismo che ciclicamente si trovano ad affrontare le cripto-attività, l’operazione messa a punto da Stripe rappresenta un significativo attestato di credibilità nei confronti del settore e, più in particolare, nel potenziale dimostrato dalle stablecoin come strumento di pagamento mainstream.
Stripe non è l’unico colosso ad aver investito nei mercati delle stablecoin: anche Visa, PayPal e Robinhood si stanno silenziosamente contendendo la loro fetta di torta. In questo articolo vi illustreremo le modalità in cui le imprese stanno investendo in stablecoin, le potenziali trasformazioni in arrivo nell’uso delle stablecoin e le nostre opinioni sulle eventuali implicazioni future.
Le stablecoin come nuova valuta alternativa usata nei mercati emergenti
Fino a ieri sembrava che la storia delle stablecoin fosse riassumibile come un incentivo alla concorrenza monetaria nei mercati emergenti. Siccome, grazie alle stablecoin, risulta estremamente semplice detenere dollari al di fuori degli Stati Uniti, le valute di Stato si ritrovano con un nuovo concorrente (la valuta di riserva mondiale) in grado di rappresentare una valida alternativa alla moneta emessa localmente.
Di fronte alla minaccia del dollaro che sfrutta le infrastrutture cripto, per proteggere le valute locali non basta semplicemente imporre controlli sul capitale, congelare conti corrente o vietare la detenzione di asset. Anche le reti di criptovalute più centralizzate spesso esulano dall’ambito di applicazione normativa dei Paesi dei mercati emergenti.
Tutto ciò potrebbe portare a drastici cambiamenti nel mondo delle valute dei mercati emergenti. Le conseguenze nefaste di una cattiva gestione monetaria da parte delle banche centrali e/o dei singoli Stati hanno, oggigiorno, molte più possibilità di concretizzarsi ogniqualvolta i cittadini accedono a internet e si informano sulle cripto-attività.
Non a caso, stanno emergendo sempre più prove del fatto che queste forze competitive abbiano già iniziato a lasciare il segno. Negli ultimi cinque anni l’adozione di stablecoin si è rapidamente decuplicata, per un valore complessivo di mercato pari a 170 miliardi di dollari, soprattutto grazie al desiderio mondiale di avere risparmi in dollari statunitensi.
Le stablecoin rappresentano un progressivo miglioramento nella detenzione, velocità e trasparenza del dollaro statunitense
Tuttavia, stando alle prime avvisaglie, l’uso delle stablecoin sta attraversando un periodo di cambiamenti. Anziché rimanere un fenomeno relegato al mercato emergente (volto principalmente a semplificare l’accesso a un deposito di ricchezze in luoghi con valute locali scadenti o mediocri), quello delle stablecoin potrebbe esprimere il suo pieno potenziale diventando una versione più avanzata del dollaro statunitense.
Analogamente a quanto accaduto con le banconote cartacee, che hanno migliorato le loro capacità di essere trasferite più rapidamente e su distanze maggiori prima grazie all’invenzione del telegrafo e poi con l’avvento di internet, i sistemi di criptovalute si stanno rivelando un’offerta ampiamente competitiva per detenere, inviare e ricevere dollari. Si tratta di un graduale passo in avanti (in termini di custodia, trasparenza, spese e rapidità di pagamento) che sta consentendo l’affermarsi dell’uso delle stablecoin in senso più ampio.
Negli ultimi anni i sistemi basati sulle cripto-attività sono riusciti ad offrire, su larga scala, transazioni più rapide ed economiche al di fuori dei tradizionali sistemi bancari. Tali sistemi, però, non sono confluiti in un unico vincitore in cui si concentrano tutte le cripto-attività. Al contrario, si tratta di un universo fortemente competitivo e legato alle preferenze degli utenti. Alcuni utenti, semplicemente, usano e continuano a usare la prima piattaforma che provano, mentre altri scelgono da subito quella più adatta alle loro esigenze, che siano di privacy, velocità o accesso a determinate app. In ogni caso, gli utenti e le disponibilità liquide dell’universo cripto sono diventati estremamente frammentati.
Bridge si propone di risolvere i problemi di interoperabilità dei sistemi di criptovalute
Per agevolare concretamente l’adozione delle criptovalute in un ambiente così segmentato, uno dei principali problemi da affrontare è l’interoperabilità. Le applicazioni faticano a trasmettere e convertire le cripto-attività fra reti e portafogli diversi, il che si traduce in un’esperienza più ostica nell’utilizzo nativo dei sistemi. A chi non è pratico, l’invio di fondi potrebbe sembrare macchinoso, un po’ come i primi browser internet. Queste stesse inefficienze, però, si sono trasformate in opportunità per operatori di terze parti come Bridge. È forse proprio questo il motivo per cui Stripe ha deciso di pagare la bellezza di 1,1 miliardi di dollari anziché investire tempo e risorse per la realizzazione di un prodotto suo.
Bridge offre un servizio di gestione dell’interoperabilità per conto del cliente, eliminando il concetto di detenzione di asset su più reti, grazie all’integrazione di un’API standard. Questo concetto non dovrebbe essere sconosciuto a Stripe, la quale, analogamente, offre un’API per i pagamenti facendo a meno di circuiti privati come Visa e Mastercard.
Bridge è essenzialmente un altro layer che si colloca su tutte le piattaforme di criptovalute ed è in grado di controllare il movimento degli asset digitali: un servizio molto promettente a cui esercenti e neobank potrebbero ricorrere per evitare di addentrarsi nei meandri dei sistemi di criptovalute.
Visa, PayPal e Robinhood stanno scommettendo sull’incremento dei pagamenti con criptovaluta
Potrebbe sembrare irrilevante ma, a nostro avviso, rappresenta uno dei tasselli mancanti nel sistema delle criptovalute che potrebbero dare, quantomeno, un senso alle app fintech di stablecoin all’interno dei sistemi finanziari occidentali. Un altro elemento importante è rappresentato dall’adozione di orientamenti normativi chiari e semplici, magari simili al Lummis-Gillibrand Stablecoin Bill negli Stati Uniti o al regolamento MiCa in UE (in tutta onestà, non siamo sicuri di quale sia la strada migliore da seguire in materia di norme da adottare).
Ma una cosa è certa: nell’ultimo anno Stripe ha registrato, nel mondo, un volume di pagamenti superiore a mille miliardi di dollari. Fra tutte le imprese con le carte in regola per aprire nuove frontiere nell’integrazione degli asset digitali nel settore dei pagamenti, Stripe è in cima alla lista.
Tuttavia, Stripe non è l’unica realtà a scommettere su questo futuro. Anche PayPal e Visa si stanno adoperando per beneficiare della crescita dei servizi finanziari correlati alle criptovalute.
PayPal consente agli account business di eseguire transazioni in stablecoin anche tramite Venmo, l’app di pagamento per dispositivi mobili controllata da PayPal, in modo da permettere agli utenti di comprare, detenere e trasferire PYUSD (la stablecoin PayPal). In circa un anno, l’offerta circolante di PYUSD ha già superato i 500 milioni di dollari.
Anche Revolut, nel frattempo, ha lasciato intendere il lancio della propria stablecoin. Su un altro fronte Robinhood, i cui ricavi sono già in gran parte trainati dagli scambi di criptovalute, ha creato un consorzio insieme con società esperte nell’offerta di servizi cripto negli Stati Uniti, come Galaxy e Kraken, per il lancio di un’iniziativa chiamata Global Dollar Network, che prevede anche l’emissione di una nuova stablecoin.
Visa, invece, per le sue transazioni in stablecoin si avvale di Solana ed Ethereum, sfruttando queste piattaforme sia per la velocità che per i costi minori rispetto ai sistemi bancari tradizionali. Si tratta di una tipologia d’uso che noi riteniamo particolarmente efficace.
Gli istituti finanziari tradizionali si trovano ad affrontare una sfida esistenziale dovuta al fatto che i sistemi di criptovaluta, grazie alle spese di transazione più basse e alla disintermediazione, stanno contribuendo a una riduzione dei margini nel settore dei servizi finanziari e, contemporaneamente, a un aumento dei volumi. Le imprese che hanno fatto affidamento sulle barriere normative, come le banche e gli ordinanti, alla fine dovranno adeguarsi. Stripe, PayPal, Visa e gli altri leader fintech, ben consapevoli di questo mutamento, si stanno adattando alla situazione.
L’infrastruttura di stablecoin non tarderà a stravolgere i servizi bancari nel settore dei pagamenti
Nei mercati emergenti, dove le valute locali sono spesso soggette a inflazione e volatilità, la richiesta di dollari statunitensi è costante. Le stablecoin (criptovalute ancorate a un’attività stabile come il dollaro) offrono un’unica soluzione a tutti questi problemi. Per gli utenti di tutto il mondo, in particolare delle regioni con controlli sul capitale e vigilanza finanziaria, le stablecoin fanno da ponte per accedere al dollaro senza i consueti ostacoli e limitazioni associati ai conti esteri in dollari.
Ora come ora riteniamo che l’acquisizione da parte di Stripe sia parte di un fenomeno più vasto che potrebbe rendere le stablecoin un punto di riferimento nei pagamenti internazionali e, al contempo, creare condizioni favorevoli alla crescita di Bitcoin (per maggiori informazioni sulle ripercussioni delle stablecoin su Bitcoin clicca qui).
Condividiamo l’opinione di Nic Carter secondo cui le applicazioni fintech esistenti o in fase di sviluppo preferiranno sfruttare l’infrastruttura stablecoin rispetto ai sistemi bancari tradizionali. Inoltre gli utenti preferiscono detenere e scambiare stablecoin tramite piattaforme fintech, che sono solite offrire conti con rendimenti maggiori e interfacce più intuitive. Stiamo già assistendo a questo fenomeno nei mercati emergenti, e non pensiamo che si tratti di casi isolati.
Guardando al futuro, le stablecoin continueranno a esercitare una pressione competitiva nei confronti delle banche centrali che offrono monete scadenti. Presto lo faranno anche nei confronti dei sistemi bancari tradizionali a cui si rivolgono utenti e imprese, in particolar modo le fintech. In un futuro ancora più remoto potrebbero rappresentare una minaccia per la maggior parte delle valute fiat mondiali. In altre parole, la parabola delle stablecoin è solo agli inizi.