
Bitcoin è lecito nell’Islam?
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- Bitcoin
La domanda se Bitcoin sia halal (lecito) o haram (illecito) secondo la legge islamica, la Sharia, continua a suscitare dibattiti tra gli studiosi e le comunità musulmane. I principi della Sharia, che sottolineano e impongono la finanza etica, la trasparenza e l’astensione da riba (interessi), gharar (eccessiva incertezza) e maysir (gioco d’azzardo), tendono a incentrare la discussione sulla liceità di Bitcoin sulla sua natura di moneta o valuta decentralizzata (o meno) che è sia digitale che immateriale, e con un valore che può fluttuare in modo sostanziale. Ciò ha generato una varietà di opinioni legali in materia.
Alcuni studiosi, come Sheikh Abdullah bin Sulaiman al-Manea, ritengono che sia halal, paragonandolo all’oro per la sua scarsità e utilità come bene rifugio e mezzo di scambio, libero da interessi. Altri, come Mufti Taqi Usmani, lo giudicano haram sulla base della sua volatilità, della negoziazione speculativa e della mancanza di un valore intrinseco o di supporto da parte di un’autorità centrale, paragonandolo al gioco d’azzardo.
Alla luce del fatto che i musulmani corrispondo a quasi un quarto della popolazione mondiale, questo dibattito è importante per la capacità di Bitcoin di continuare la sua adozione a livello globale. Per giungere a solide basi giuridiche sulla questione, la natura innovativa e la struttura unica di Bitcoin devono essere analizzate sulla base dell’etica finanziaria islamica tradizionale: un compito molto complesso, che ha dato origine a una varietà di interpretazioni, poiché gli studiosi ne valutano le implicazioni pratiche e teologiche nel contesto delle antiche scritture.
Noi di CoinShares abbiamo notato un interesse crescente sulla questione da parte della nostra clientela, sia in Medio Oriente, sia nel settore bancario privato europeo che offre servizi ai clienti mediorientali. Con il recente investimento di 440 milioni di dollari in ETF su Bitcoin da parte del fondo sovrano degli Emirati Arabi Uniti Mubadala, riteniamo sia il momento opportuno per redigere un articolo sull’argomento, raccogliendo e analizzando in un unico testo le valutazioni e i pareri disponibili.
Per comprendere le regole, le definizioni e la terminologia della Sharia si utilizzano tre fonti
Mufti Muhammad Abu-Bakar spiega che la legge della Sharia si basa su tre rami principali della conoscenza e della comprensione per elaborare le fatwa della Sharia. Il primo è la rivelazione diretta di Allah, codificata nel Corano o negli hadith (racconti del comportamento esemplare dell’ultimo profeta Maometto). Il secondo è la lingua araba, la sua semantica e i limiti delle sue definizioni. Il terzo è l’urf, le pratiche consuetudinarie all’interno dell’umma (la comunità dei musulmani).
Questi rami non hanno lo stesso peso: la conoscenza derivante dalla rivelazione avrà, naturalmente, la priorità rispetto alle considerazioni su lingua e costumi. Insieme, queste tre fonti e le interpretazioni legali basate su di esse, raccolte nel corso di diverse centinaia di anni, hanno creato un’ampia raccolta di precedenti giuridici islamici, molto simile al funzionamento del common law in Occidente.
Nella finanza islamica, il principio base è che tutto è lecito
Per offrire ai lettori – che presumiamo abbiano solo una conoscenza superficiale dell’argomento – una base il più solida possibile in materia di Sharia, iniziamo con i fondamenti filosofici della finanza islamica.
La giurisprudenza finanziaria islamica, o fiqh al-muamalat, regola le transazioni economiche secondo la legge della Sharia, con l’obiettivo di garantire giustizia, equità e condotta etica. Nella finanza islamica, come principio generale del fiqh, tutto è considerato automaticamente lecito (mubah), a meno che non vi siano prove esplicite nel Corano, negli hadit o nel consenso degli studiosi (ijma) che lo vietino. Questo concetto, noto come al-asl fi al-ashya’ al-ibaha (“lo stato originario delle cose è la liceità”), si applica alle transazioni mondane (muamalat), come il commercio, i contratti e le operazioni finanziarie, purché non violino la Sharia.
In altre parole, l’onere della prova ricade su chi sostiene che una pratica sia illecita. Inoltre, la coerenza logica è essenziale e le prove dell’illiceità non possono essere incoerenti a livello logico rispetto alle prove a dimostrazione del contrario. Secondo la fatwa su Bitcoin (e i BTC) di Mu'aawiyah Tucker:
“Contraddire questo principio senza prove valide e significative è un errore molto più serio rispetto a seguire il principio nell’ignoranza degli aspetti corretti del divieto.”
Quindi, per esempio, un nuovo strumento finanziario come Bitcoin, e una nuova moneta come i BTC, sono entrambi leciti in principio, a meno che non venga dimostrato rigorosamente che sono in conflitto con le regole della Sharia.
I principi fondamentali dell’illiceità includono l’usura, l’incertezza eccessiva, il gioco d’azzardo e la mancanza di condivisione del rischio e del profitto
Tra i principi base dell’illiceità per la Sharia ci sono il divieto di riba (letteralmente eccesso, ma inteso solitamente come usura e interessi), che vieta di trarre profitto sfruttando il prestito di denaro; e gharar (incertezza eccessiva), che proibisce contratti con termini ambigui o un rischio sproporzionato. È inoltre vietato il maysir (gioco d’azzardo), che esclude attività speculative prive di una finalità produttiva. Le transazioni devono essere garantite da asset, legate a un valore tangibile come merci o servizi, e promuovere la condivisione del rischio tra le parti, come avviene nei modelli di mudarabah (condivisione dei profitti) e musharakah (collaborazione).
La circolazione della ricchezza è incoraggiata dallo zakat (beneficienza obbligatoria), mentre l’accumulazione è scoraggiata. Queste regole, derivanti da Corano, hadith e il continuo sviluppo e consenso degli studiosi, mirano ad allineare la finanza a obiettivi morali, promuovendo un sistema che dia priorità al benessere sociale ed eviti lo sfruttamento.
I disaccordi sulla liceità spesso derivano da diverse interpretazioni di questioni e definizioni chiave
Non essendo studiosi dell’argomento, useremo estrema prudenza nel riportare i nostri risultati. Siamo consapevoli delle nostre limitate conoscenze di base sull’argomento, pertanto chiediamo clemenza da parte degli esperti in cambio della nostra umiltà nella presentazione.
Ci teniamo inoltre a chiarire che, nel presente articolo, parliamo solamente della liceità di acquistare, vendere o effettuare transazioni in spot Bitcoin, non derivati di alcun genere, che richiederebbero un’analisi a parte.
Senza entrare troppo nei dettagli del fiqh al-muamalat, dalle nostre ricerche risulta che ci siano una serie di questioni e definizioni chiave su cui tendono a basarsi le varie interpretazioni legali:
Se Bitcoin sia māl (un asset, una forma di ricchezza; e, secondariamente, se sia materiale o meno).
Se Bitcoin sia una valuta/moneta e, secondariamente, se abbia un valore intrinseco.
Se Bitcoin sia eccessivamente incerto o molto simile al gioco d’azzardo.
Se Bitcoin favorisca comportamenti immorali, come la criminalità.
In breve, se si riesce a dimostrare chiaramente che Bitcoin soddisfa il punto 3 o 4, va considerato haram. Se, invece, soddisfa le definizioni di māl o valuta/moneta, ciò implica che non è stato dimostrato in maniera adeguata che Bitcoin è haram, rendendolo quindi automaticamente halal.
I principali punti di disaccordo sono riassunti nella seguente tabella, che evidenzia i principali problemi e offre alcuni esempi di argomenti a favore e contro:
Senza prendere posizione su questi punti, vogliamo offrire alcune risorse e citazioni per guidare i lettori nella propria interpretazione o verso il proprio punto di vista su quale fatwa considerano corretta.
1. In questo report del 2018 che analizza Bitcoin dal punto di vista della Sharia, Mufti Muhammad Abu-Bakar dichiara:
“Nella Sharia, il requisito fondamentale per un corrispettivo o una controprestazione è che esso abbia lo status di māl, cioè bene.”
Continua spiegando che le due caratteristiche distintive di un bene sono il fatto di essere desiderabile e la possibilità di essere trasferito da una persona all’altra. In altre parole, qualunque cosa che può essere posseduta e avere valore.
Se si sostiene che la proprietà intellettuale sia materiale perché è “scritta”, allora si può rispondere che anche Bitcoin è scritto. In questo senso, Bitcoin è materiale come qualsiasi cosa registrata digitalmente sotto forma di voce elettronica nella memoria di un computer. Questa posizione è sostenuta da Shaykh Taqi Usmani, il quale aggiunge che, non appena una cosa immateriale come un diritto o un beneficio acquisisce valore secondo l’uso comune, diventa māl.
2. Sulla questione del denaro, Mufti Faraz Adam afferma:
“La caratteristica distintiva del denaro nell’Islam è che non è altro che un mezzo di scambio. È solo questo e non ha altra funzione al di fuori di questa. Non è una merce da scambiare o affittare. Non è un bene come gli altri beni, né un servizio come gli altri servizi.”
Nella sua definizione, si rifà agli scritti antichi dell’Imam Ibn al-Qayyim e dell’Imam al-Ghazali, che affermano che il denaro non è qualcosa da ricercare in quanto tale, ma un mezzo per ottenere altri beni. Al-Ghazali spiega:
“Sono preziosi in sé, ma non desiderati in sé.”
Da queste letture possiamo vedere come molti studiosi insistono sul concetto che il denaro debba avere un valore proprio, un valore intrinseco. Il problema è che il concetto di valore intrinseco non è ben definito. Abbiamo già toccato questo tema in passato e, per quanto ci riguarda, il valore intrinseco non sembra un concetto ragionevole. Secondo noi il valore è del tutto soggettivo.
A ogni modo, il concetto di valore intrinseco non dovrebbe basarsi sul fatto che una cosa sia materiale o meno: tanti beni immateriali hanno chiaramente valore, come la proprietà intellettuale. Qui si torna alla discussione precedente sul fatto che un bene possa essere immateriale.
Dal punto di vista della finanza islamica, il fatto che una cosa sia una moneta, o una valuta, dipende in maniera significativa dal suo essere o meno utilizzata come mezzo di scambio, la funzione definitoria per eccellenza. Tuttavia, alcuni studiosi ritengono che debba anche essere utilizzata come riserva di valore o unità di conto. Per quanto riguarda il primo e il secondo aspetto, Bitcoin è chiaramente una moneta, in quanto molte persone lo utilizzano per scambiare altri beni e servizi e come riserva di valore. Sono meno, invece, le persone che utilizzano Bitcoin per esprimere il prezzo di qualcosa, ma il numero di prodotti con un prezzo in Bitcoin, seppur piccolo, non è pari a zero.
3. Analizziamo ora quanto è stato detto sull’eccessiva incertezza di Bitcoin. Molte fatwa che dichiarano Bitcoin illecito si basano principalmente su questa interpretazione. Non è necessario dimostrare che il prezzo di Bitcoin fluttua, talvolta rapidamente, perché ciò è risaputo. In questo caso, riteniamo che sia soggettivo stabilire se questa incertezza sia eccessiva, perché su questo punto osserviamo un disaccordo generale.
Secondo noi, il punto più convincente presentato sull’argomento è che la volatilità di un oggetto è esterna all’oggetto stesso, quindi è complesso affermare che una cosa è intrinsecamente volatile, a meno che non sia stata esplicitamente progettata come tale (che non è il caso di Bitcoin). E dato che il prezzo di ogni cosa è, in definitiva, determinato da domanda e offerta, se qualcosa sia eccessivamente volatile rispetto ad altre cose dovrebbe essere determinato dall’urf o consuetudine. Attualmente la volatilità di Bitcoin è comparabile a quella di alcune delle principali azioni al mondo, nessuna delle quali è considerata haram, pertanto sembra incoerente prendere di mira Bitcoin per la sua volatilità. Allo stesso modo, non possiamo affermare in modo coerente che Bitcoin sia simile al gioco d’azzardo a causa della sua volatilità, senza al contempo sostenere che anche l’oro, l’argento o azioni come quelle di Tesla o Nvidia siano simili al gioco d’azzardo.
4. Arriviamo infine al punto secondo cui Bitcoin faciliterebbe la criminalità. Anche qui ci troviamo in un ambito di interpretazione molto soggettivo. Considerando che qualunque cosa potrebbe tecnicamente essere usata per scopi criminali, determinare se Bitcoin faciliti la criminalità dipende essenzialmente dalla percezione della persona riguardo all’uso predominante di Bitcoin. Numerosi studiosi, tra cui Shaykh Shawki Allam e Mufti Taqi Usmani, condividono questa opinione, così come la Direzione degli Affari religiosi della Turchia. Molti si basano sul fatto che Bitcoin non è stato approvato da enti legittimi come mezzo di scambio ufficiale.
Molti altri studiosi, invece, sostengono che non c'è nulla di intrinseco in Bitcoin che faciliti la commissione di reati. Le persone possono scegliere di usarlo per attività criminali, ma vale anche il contrario. Numerosi studiosi concordano, poi, che l’interpretazione del denaro sia principalmente una questione di convenzioni, pertanto non è necessario il sostegno da parte di un’autorità per essere utilizzato come mezzo di scambio. Anche questo lascia ampio spazio all’interpretazione. Non si può negare che molte persone, milioni addirittura, utilizzino Bitcoin come mezzo di scambio. Tuttavia, se questo numero corrisponda a un “uso diffuso” in un mondo di 8 miliardi di persone è una questione interpretativa.
Le interpretazioni tendono verso un’accettazione più ampia
Sebbene esistano ancora divergenze sull’argomento all’interno della comunità degli studiosi musulmani, la tendenza sembra andare verso una maggiore accettazione. Molte delle principali fatwa contrarie alla liceità di Bitcoin risalgono a più di 5-7 anni fa e sono state emesse in un periodo in cui la conoscenza generale sul funzionamento di Bitcoin era meno avanzata rispetto a quella attuale.
A nostro avviso, è solo una questione di tempo prima che si arrivi a un consenso nella comunità e, se la tendenza attuale continuerà, è probabile che il consenso sarà a favore della liceità. Riteniamo che le valutazioni più recenti siano sempre più solide in termini di conoscenza del protocollo e della rete, e che l’uso crescente e il profilo pubblico di Bitcoin indeboliscano le argomentazioni secondo cui verrebbe usato principalmente per comportamenti immorali.
Tuttavia, finché non si arriverà a un consenso, invitiamo i lettori interessati a esaminare nel dettaglio le varie valutazioni e a farsi un’opinione personale basata sulle proprie credenze e la propria comprensione. A seguire riportiamo numerose fonti e meta-fonti e accogliamo volentieri commenti e chiarimenti da parte dei lettori più esperti di noi sull’argomento.